Brevi pratiche quotidiane per affrontare la paura - Sentirla e trasformarla
Trasformare la paura
Quando proviamo paura non riusciamo a pensare: tendiamo a restare in un loop di pensieri su come sopravvivere o difenderci e ad intensificare la produzione di adrenalina attraverso l’accusa, l’autocritica e l’aggressività.
Non riusciamo ad avere accesso alla saggezza della nostra corteccia prefrontale per risolvere i problemi, anzi neppure riusciamo a vederli veramente i problemi. Non riusciamo ad avere accesso al nostro cervello limbico per connetterci con gli altri o per “dare e ricevere” attenzione, il nutriente tipico dell’essere umano. Rimaniamo intrappolati nel nostro cervello rettile e nella sensazione di separazione dal mondo.
Quando proviamo paura, infatti, il cervello ci disconnette dagli altri esseri umani che diventano “stranieri” e poi” nemici”. La parte impaurita vede gli altri come ostacoli perché non prova una connessione profonda con loro o addirittura non li riconosce come esseri umani.
Nel tempo la paura si trasforma in disprezzo e in giustificazione della violenza: “noi contro di loro”.
La paura è diversa dalla rabbia o dalla tristezza. Non scompare come la tristezza dopo aver pianto o come la rabbia dopo essersi sfogati. La paura continua a turbinare e a crescere se non la si affronta veramente e non si familiarizza con le sensazioni che provoca nel corpo.
I muscoli si irrigidiscono, il sangue si allontana dal centro, il sistema surrenale secerne più ormoni dello stress come il cortisolo, nutrendo ancor più la paura piuttosto che la vitalità. Smettiamo di respirare profondamente, il funzionamento del cervello soffre, così come il sistema immunitario, digeriamo male e ci allontaniamo dalla profonda saggezza del nostro corpo.
Come riconoscere la paura? Il nostro corpo esprime la paura in quattro modi:
La reazione di “attacco” che viene spesso scambiata per rabbia. La sensazione è come quando stringiamo i i pugni e sporgiamo il mento e il corpo in avanti come un pugile.
Nella reazione di “fuga” è come se una parte del nostro corpo si allontanasse.
La reazione di “congelamento” può essere la più facile da riconoscere: è come stringere tutto il corpo trattenendo il respiro.
Nella reazione di “svenimento” è come se l’energia vitale fuoriuscisse dal corpo attraverso i piedi.
È però possibile trasformare la paura in “presenza” e “flusso” in modo da accedere alla nostra parte “saggia” e rispondere adeguatamente non guidati dagli istinti dell’amigdala.
I “combattenti” possono immaginare di lasciarsi fluire e sciogliere come alghe che ondeggiano nell'oceano o cioccolato caldo sul gelato.
I “fuggitivi” possono mettersi nella posizione del sumo, accosciandosi e connettendosi ai propri piedi.
I “congelati” possono iniziare a muovere le dita dei piedi e delle mani per scongelarsi e connettersi con una sensazione di movimento e fluidità.
Chi si sente “svenire” può connettersi con il torace o la pancia e nutrirsi d’amore a piene mani.
Si possono combinare questi movimenti, renderli più ampi o più piccoli: l’importante è lasciarsi fluire.